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Posts Tagged ‘ricette lombarde’

Un “Dolcepensiero” da ispirazione: sono un’abbonata di Sale&Pepe da qualche anno, lettrice da circa un otto anni e lo trovo mese dopo mese sempre interessante, in tema con le stagioni e anche molto vicino a me perchè le ricette che propongono sono tutte realizzabili con un’ampia scelta dalla facile alla più difficile preparazione. Le foto a volte esprimono… ancor prima di leggerne la ricetta, regalandoti la giusta nota di curiosità per poi sperimentare in cucina. Sfogliando il numero di luglio, nella rubrica La dolce vita, le ricette sono tutte ispirate alle torte paesane con la frutta: fra le tante idee mi sono imbattuta in questa torta tipica della Lombardia che facevamo sempre quando ero piccola; così sfogliando fra i miei quaderni di adolescente alle prime armi in cucina, ho ritrovato la mia versione che preparavo sempre con le peche del  io albero appena raccolte e ancora non maturissime… ma dal profumo inebriante!

INGREDIENTI

700 grammi di pesche non troppo mature

100 grammi di farina bianca 00

110 grammi di amaretti

200 grammi di zucchero semolato bianco

2 cucchiai di zucchero di canna

100 grammi di mandorle

3 uova

1 bustina di lievito

il succo e la buccia di un limone

un pizzico di sale

PREPARAZIONE

Ridurre gli amaretti con le mandorle in polvere nel mixer. Lavare, asciugare e tagliare le pesche a spicchi. Porle in una ciotola con il succo e la buccia del limone, mischiarli con un cucchiaio di legno. Separare gli albumi dai turoli: i primi vanno montati a neve con un pizzico di sale. Mentre i tuorli porli nella planetaria con lo zucchero semolato bianco, montarli fino a quando il composto sarà ben chiaro e spumoso. Unire la farina settaciata con il lievito, proseguire con gli amaretti e le mandorle mescolando il tutto. Con una spatola e con movimenti delicati, incorporare gli albumi al composto, ultimare unendo le pesche tranne qualcuna per la parte finale. Versare il composto in una tortiera rettangolare (circa 26×16 cm), porre in superficie le fettine lasciate a parte e spolverare con lo zucchero di canna. Porre in forno già caldo per circa 45 minuti a 180°C.

Dall’archivio di Dolcipensieri:

TORTA ALLE CAROTE  

SMOOTHIE DI FRUTTA

FROLLA AL CARDAMOMO CON RIPIENO DI FRUTTA SECCA E MIELE SARDO

Con questa ricetta partecipo al contest

“I colori dell’estate” del blog “Ale’s Kitchen – rosso pomodorino”

categorie RICETTE DOLCI raccolte nel blog “Le Château des Gourmandises

Con questa ricetta partecipo alla raccolta del blog

“Cucchiaio e pentolone” dal titolo “La frutta la metto nel dolce”

 

 

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Un “Dolcepensiero” di tradizione: quando ero piccola questa minestrina era il mio piatto preferito. Se sapevo che la mia zia la preparava, era scontato il mio autoinvito… di solito la preparava senza prezzemolo e la chiamavamo “La minestrina dei morti”; se invece ci aggiungevamo il prezzemolo diventava il piatto tradizionale della Brianza “La minestra de ris cun l’erborin”… Di solito la si consumava la domenica sera quando il pranzo era sontuoso e consumato con l’intera famiglia, un pranzo completo dall’antipasto al dolce… oppure quando all’imbrunire, l’arietta si faceva più freschina in qualsiasi stagione. E’ un piatto povero della tradizione culinaria del milanese e della Brianza tutta. Stasera cucinando questa calda minestra, mi sono affiorati tantissimi ricordi legati alla mia bellissima infanzia: sono tantissimi anni che non mi gustavo una tale prelibatezza! si avete letto bene: anche se questo piatto è preparato con pochi e semplici ingredienti, credetemi è di una tale bontà che ti riscalda cuore e anima. Poi stasera era la serata perfetta per gustare una scodella di minestra: nel pomeriggio il sole si è nascosto dietro nuvoloni grigi che ci stanno preparando ad una settimana di pioggia e si è alzato anche un bel venticello che ha mandato a monte i nostri progetti di una bella e sana camminata nei boschi. Una scodella che dedico alla mia cara zia Rosetta che mi ha sempre preparato questa minestra con affetto sincero!!!

INGREDIENTI PER QUATTRO PERSONE

1 e 1/2 litro di brodo di carne*

350 grammi di riso carnaroli

grana grattugiato a piacere

1 noce di burro

un mazzetto di prezzemolo fresco

qualche fiocco o granello di sale

PREPARAZIONE

*Il mio brodo di carne è il risultato di un bel piatto di bollito di qualche settimana che ho congelato in previsione di qualche zuppa o minestra. Per tale minestrina, potete utilizzare anche del brodo di verdura o con del dado sia di carne o vegetale.

Lavare e mondare il prezzemolo che triterete con una mezzaluna con qualche fiocco o granello di sale grosso. Portare a bollore il brodo in cui versare il riso. Mescolando di tanto in tanto, portare a cottura per circa una ventina di minuti, abbassare la fiamma e unire il trito di prezzemolo, mescolare bene unendo il burro. Terminare con una generosa grattugiata di grana direttamente in pentola a fiamma spenta e servire la minestra ben calda.

Con questa ricetta partecipo al contest di “Nella cucina di Ely” come primo piatto:

e siccome questa ricetta mi ricorda la mia infanzia,

la trovo perfetta per partecipare anche al contest di “Sapori divini”

Partecipo anche alla raccolta del blog “Laura in cucina”

dal titolo: “Italia in cucina”

RICETTE LOMBARDE

Dall’archivio di Dolcipensieri:

MINESTRA DI CECI 

MINESTRONE DI VERDURA

ZUPPA CAROTE NERE, FAGIOLI ROSSI E LEGUMI CON PANCETTA

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Un “Dolcepensiero” tradizionale… come i tortelli che qui in Lombardia – e non solo – si cucinano e si gustano per la festa del papà e anche per San Giuseppe. Diciamo che da noi questi tortelli sono anche molto cucinati nel periodo di carnevale: sono fritti e vuoti all’interno, perfetti se gustati nell’immediato ben cosparsi di zucchero a velo. L’impasto può essere arricchito con uvetta sultanina oppure con qualche goccia di rum o cognac. In origine venivano cucinati con lo strutto di maiale, essendo un piatto estremamente facile e povero. Se il post scorso l’ho dedicato a tutti i papà, in questo voglio augurare buon onomastico alla mia mamma Giuseppina, una gran fantastidonna!!!

INGREDIENTI

5 uova

330 grammi di zucchero semolato

un pizzico di sale

la buccia di un limone biologico

4 bicchieri di latte intero

1 chilo di farina bianca 00

2 bustine di lievito

zucchero a velo q.b.

olio per frittura

PREPARAZIONE

Sbattere, senza montarle troppo, le uova con un pizzico di sale. Aggiungere lo zucchero e continuare a mescolare con una frusta a mano; incorporare il latte e la buccia del limone, continuare con la farina e il livieto setacciati insieme. Mescolare con energia fino a quando si forma una bella pastella densa che lascerete riposare qualche ora coperta e lontano da correnti d’aria. Scaldare abbondante olio, con l’aiuto di un cucchiaio prelevare una noce d’impasto che farete cadere nell’olio bollente con l’aiuto di un altro cucchiaio. Cuocere fino a doratura da ambo i lati, spolverare con zucchero a velo. Potete aggiungere all’impasto, dell’uvetta sultanina ammollata in acqua tiepida oppure un goccio di rum o cognac. Li potete aromatizzare anche con vanillina o vaniglia.

Dall’archivio di Dolcipensieri:

GLI SCIATT

INVOLTINI FRITTI CON WUSTERL

INVOLTINI PRIMAVERA CROCCANTI ALLA VIETNAMITA

Mi trovi anche qui se…

DONNE SUL WEB BANNER

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Un “Dolcepensiero” lombardo: una ricetta di origine antica risalente al ‘600 ideata da Bartolomeo Stefani il cuoco ufficiale dei Gonzaga; porta in tavola ingredienti quali la frutta secca, che in anni passati, poteva resistere anche per lunghi mesi e presente anche nelle cucine più povere mentre i maccheroni all’epoca, erano solo utilizzati nelle cucine dei ricchi signori. Il piatto è in uso nella tradizionale cucina mantovana. Io personalmente ho conosciuto questa ricetta e molte altre, descritta in libri che narravano la storia dei “Promessi Sposi” attraverso i piatti poveri della gastronomia di quei tempi: pietanze sia presenti nelle tavole della povera gente sia pietanze molto più ghiotte presenti nelle tavolate dei “signorotti” del tempo, abituati a banchetti con tantissime portate e che duravamo dal pomeriggio fino a notte inoltrata, senza lasciare il bicchiere di vino.

INGREDIENTI PER QUATTRO PERSONE

320 gr. di maccheroni al pettine

un cucchiaio di uva passa

la scorsa di un limone

60 gr. di mandorle

30 gr. di noci

30 gr. di nocciole

qualche foglia di basilico

un pizzico di noce moscata

un pizzico di cannella

brodo vegetale q.b.

una noce di burro

grana grattugiato q.b.

sale e pepe nero un pizzico

olio extravergine d’oliva q.b.

PREPARAZIONE

Con la mezzaluna tritare l’uva sultanina, la scorza di limone, le mandorle, le nocciole, le noci e il basilico oppure utilizzare un mortaio (si potrebbe al giorno d’oggi, utilizzare anche un mixer). Aggiungere la noce moscata e la cannella; ridurre tutto fino ad ottenere un composto fluido aiutandosi con un filo di olio evo. Unire l’olio, il burro sciolto a bagnomaria e il brodo quanto basta per creare un pesto fluido e denso. Cuocere i maccheroni al dente, un minuto prima di scolarli, mettere la salsa in una padella antiaderente e porre su fuoco leggero per scaldarla diluendo con qualche cucchiaio di acqua di cottura o con il brodo avanzato. Regolare di sale e pepe. Condire i maccheroni con il pesto ottenuto, saltarli e cospargere con il grana e servire.

QUESTA RICETTA E MOLTE ALTRE LE PUOI TROVARE ANCHE QUI…

E QUI… NEL BLOG DEDICATO ALLE RICETTE REGIONALI

Dall’archivio di Dolcipensieri su Donne Sul Web:

RISOTTO ALLO ZAFFERANO CON FINFERLI, PORCINI E NOCCIOLE

GNOCCHI AL CACAO CON PIZZUTTELLI E NOCCIOLE

PESTO DI PREZZEMOLO E NOCI E IL SUO RISOTTO

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Un “Dolcepensiero” un po’ rustico: un piatto montanaro, un piatto rustico molto cucinato durante tutta la mia infanzia. Adoravo e adoro la carne bianca quindi anche quella di coniglio che soprattutto dalle mie parti – qui in Brianza – sono sempre stati animali da cortile, carne di sostentamento per gli inverni rigidi. Infatti questo è un piatto da gustare con una bella e calda polenta fumante.

INGREDIENTI

1 coniglio

2 cipolle dorate

2 spicchi di aglio

200 grammi di salsa di pomodoro

qualche rametto di rosmarino

5 dl di vino rosso

olio extravergine d’oliva

qualche chiodo di garofano

sale e pepe.

PREPARAZIONE

Tagliare il coniglio a pezzi non troppo piccoli e lasciarli riposare per circa un’ora nel vino rosso con qualche chiodo di garofano e il pepe nero. Scolarli e metterli a cottura in una teglia con dell’olio, la cipolla tritata e gli spicchi di aglio. Rosolare la carne fin quando assumerà un bel colore uniforme, bagnando di tanto in tanto con il vino rosso della marinatura (circa un bicchiere). Quando questo sarà evaporato e la carne ben rosolata, aggiungete il rosmarino (a rametti interi). Regolare di sale, aggiungere la salsa mescolando con delicatezza: bagnare ancora un po’ con il vino rosso mischiato ad acqua e portare a termine la cottura a fuoco medio. Servire il coniglio con della polenta (qui la ricetta).

Dall’archivio di Dolcipensieri:

INSALATA DI CONIGLIO, CETRIOLI E CIPOLLINE IN AGRODOLCE

QUAGLIE

CANEDERLI E CINGHIALE BRASATO

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Un “Dolcepensiero”: ho intravisto questo contest in giro per la rete e mi ha stuzzicato subito la voglia di partecipare anche perchè giusto qualche giorno fa, alla memoria mia e di mio marito, è salito un ricordo particolare sul cibo da strada. Stavamo parlando di neve, che forse arriverà anche a bassa quota nel week-end, e subito ci è salita la voglia di montagna, scii e piumini e soprattutto di cibi rustici, caldi e appetitosi. Noi siamo di Lipomo in provincia di Como e molto vicini alla Valtellina che adoriamo perchè piena di paesaggi bellissimi in ogni momento dell’anno e soprattutto per il cibo e per i loro prodotti. Quando ci concediamo i week-end invernali, saliamo sempre a Bormio e fra una sciata e l’altra oppure perchè no anche fra una pennichella e l’altra al sole dei 2000 o 3000 metri, ecco che ci gustiamo uno dei miei cibi da strada che preferisco: i panini. Nei vari chalet posti lungo le piste oppure nei vari stand organizzati all’arrivo delle discese, si possono gustare questi panini ghiottissimi, confenzionati con due prodotti del territorio quali il pane di segale e la bresaola della Valtellina. Il pane di segale era il cibo sostentamento per i contadini che portavano le loro mucche al pascolo, da sempre considerato un cibo a cui dare rispetto perchè “grazia di Dio”. Inoltre il pane di segale è buono anche se consumato dopo alcuni giorni. La tradizione vuole che il pane di segale sia panificato durante l’ultimo quarto di luna, evitando così al pane di non ammuffire, deve essere cotto in forno a legna dove bruciano tocchi di pino ben secchi che conferiscono al pane, un dolce calore. Infatti la legna veniva tenuta al sole – se possibile anche durante l’inverno – per almeno una decina di giorni prima di essere bruciata in modo che asciugasse ben bene. L’impasto deve essere lavorato con calma e le screpolature che escono dalla pagnotta, sono simbolo di una perfetta lievitazione. Nella cottura, ci vuorle la farina bianca di frumento per ricoprirne la superficie delle pagnotte. Le pagnotte in attesa di essere infornate, venivano poste su assi di abete. Dopo queste accortezze che donavano al pane profumi particolari, si potevano porre in forno caldo per la cottura. Quale miglior cibo può accompagnare questo delizioso pane se non la bresaola? Grazie al clima che regala la valle, questo salume è un prodotto di un’unicità inimitabile, saporita e molto carnosa che grazie appunto all’aria fresca delle Alpi, crea le condizioni ideali alla stagionatura della bresaola. E’ un affettato che viene prodotto dalle cosce del manzo scegliendo le parti migliori, seguendo dei rituali ben precisi e radicati da tempi lontani, segreti che si sono tramandati da padre in figlio. L’abilità di chi confeziona tali insaccati, oltre alla scelta dei tagli, consiste anche nella giusta dose degli aromi naturali in cui le brasaole vengono “accarrezzate” con tempi e ritmi ben definiti. Ottimale deve essere anche l’umidità. Oggi la vera Bresaola della Valtellina è garantita con marchio IGP – Indicazione Geografica Protetta – utilizzato esclusivamente dai produttori della Provincia di Sondrio. La brasaola oltre a essere buona e saporita, è un’ottimo sostituto della carne, molto povero di grassi. Quindi ecco come può nascere un buon cibo da strada se poi innevate, sono ancor più caratteristiche. Perfetto da consumarsi con una birra fresca oppure anche con un buon vino rosso valtellinese.

Con questa ricetta partecipo al CONTEST DI GIULIA – ROSSO DI SERA

Alla Valtellina sono particolarmente affezionata essendo da sempre la meta mia e di mio marito, per riposarci e confortarci con i loro buonissimi prodotti e non solo. Spero di avervi fatto scoprire qualcosa in più su questa meravigliosa Italia e su i suoi tesori gastronomici, e con l’occasione vi consiglio di farvi una bella vacanza in Valtellina in qualsiasi momento dell’anno, perchè ogni stagione questa valle regala ai turisti profumi, prodotti e avvenimenti molto particolari con tutti i confort che volete.

INGREDIENTI:

1 ciambella di pane di segale

80 grammi di bresaola della Valtellina IGP

4 fette di bitto o casera della Valtellina

porcini sott’olio

insalata riccia

burro q.b.

olio extravergine ai quattro pepi.

PREPARAZIONE

Tagliare il panino, spalmare uno strato di burro ammorbidito sulla parte superiore della cimbella. Tagliare il bitto – o il casera se volete un sapore meno stagionato – in fette sottili e formare un primo stato sulla ciambella. Proseguire con la bresaola tagliata a fettine sottili; irrorare con un filo di olio extravergine d’oliva ai quattro pepi (se ne siete sprovvisti potete miscelare dell’olio evo con del pepe a piacere). Tagliare a pezzettini i porcini sott’olio e metterli sopra la bresaola: infornare il panino in forno già caldo per pochi minuti giusto il tempo per ammorbidire e scaldare la ciambella e fondere lievemente il burro. Potete anche consumarlo senza scaldarlo, vi consiglio allora di unire qualche fogliolina di insalata.

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